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Da Nixon a Madonna; i VIP rifiutati dai condomini

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Si dice che il denaro (e la fama) non comprino la felicità, ma in alcuni casi, almeno negli Stati Uniti, non possono comprare nemmeno una casa. In pochi lo sanno, ma negli USA l’acquisto di un appartamento inserito all’interno di un condominio – soprattutto se di lusso – è subordinato all’approvazione della proposta di acquisto da parte degli altri condòmini. Ciò che viene valutato non è l’offerta economica, ma il proponente e se l’assemblea esprime parere negativo nessun rilancio potrà aprire le porte del palazzo all’aspirante acquirente. Nel corso degli anni sono moltissimi i personaggi che, pur imperversando sulle copertine di mezzo mondo, o forse proprio per quello, si sono visti rifiutati dai loro possibili vicini e Immobiliare.it, che qualche anno fa aveva realizzato un’indagine su chi fosse il vicino VIP più temuto dagli italiani, si è presa la briga di raccogliere in questo pezzo alcuni nomi dei rifiutati più eccellenti.

Canzoni stonate

Uno dei settori dello star system che più spesso si è visto opporre un netto rifiuto dai consigli condominiali – che negli Stati Uniti si chiamano board, proprio come quelli delle aziende e che, come avviene per i candidati ad un posto di lavoro fanno veri e propri colloqui agli aspiranti inquilini senza alcun riguardo per i Grammy o gli Oscar che hanno sugli scaffali di casa –  è il mondo della musica leggera. Certo, l’ipotesi di trovarsi dall’altra parte del muro della camera da letto una sorta di sala prove certo non fa piacere a nessuno e, forse, è proprio per quello che anche personaggi del calibro di Billy Joel o Cher negli anni più lontani e Mariah Carey e Madonna in tempi più recenti si sono visti dire di no. La cantante di Glitter e All I want for Christmas is you cercò di comprare la casa che Barbra Streisand vendeva nell’Ardsly building, ma indispettì il board quando si presentò al colloquio circondata da tre guardie del corpo che pretese di tenere al suo fianco anche durante l’audizione e, nonostante un positivo pre parere informale, la risposta ufficiale e finale fu un secco no. Lo stesso che dovette sopportare per più volte Madonna; la pop star accettò di buon grado il rifiuto del board del Dakota building (uno degli edifici più esclusivi e più noti per le sue regole rigidissime di ammissione, che rimandò al mittente anche le proposte di Melanie Griffith, Antonio Banderas, Téa Leoni e Carly Simon), ma fu davvero sorpresa dall’esito negativo della sua domanda di acquisto al più celebrity-friendly San Remo. Anche lei, nonostante una mise dimessa e un’offerta assolutamente vantaggiosa per il proprietario, non passò il vaglio dell’assemblea che votò compatta per il no, con la sola eccezione di Diane Keaton, anche lei residente nel palazzo.

Flop…alla portineria

  • Passando dal mondo della musica a quello della celluloide possiamo partire proprio da Diane Keaton la quale, forse, votò a favore dell’ingresso di Madonna al San Remo perché ancora ben ricordava l’amaro che le lasciò in bocca il rifiuto che e fu opposto, ai tempi in cui era impegnata in una relazione sentimentale con Woody Allen, quando presentò la richiesta di acquisto al board del River House building. Va detto che la Keaton non è stata l’unica stella di Hollywood a non essere ammessa ai piani residenziali del River House, prima e dopo di lei hanno avuto lo stesso trattamento, fra gli altri, anche Joan Crawford. La Crawford fu rifiutata anche dall’esclusivo 740 Park che impedì l’acquisto pure ad un’altra icona mondiale del cinema: Elizabeth Taylor. La diva dagli occhi viola, all’apice della sua carriera, dovette rinunciare al progetto di acquisto di una splendida casa nel famoso edificio perché non riuscì a passare il vaglio dell’assemblea. Non arrivò nemmeno a presentare la domanda, perché consigliata in tal senso prima, anche Barbra Streisand che, a dirla tutta, è assieme a Madonna forse la diva che più ogni altra ha faticato per trovare un’assemblea dei condomini disposta ad accettarla. Fra i vari no ricevuti, quello dei membri del board del 927 Fifth Avenue, del 1021 Park e del 1107 Fifth.

Mr President? No thanks!

La storia più curiosa, fra i grandi rifiuti raccolti da Immobiliare.it, è però senza alcun dubbio quella di Richard Nixon. Dopo essere stato letteralmente travolto dallo scandalo Watergate, il trentasettesimo Presidente degli Stati Uniti d’America si ritirò per un certo periodo nella sua tenuta californiana di San Clemente, ma quando la stampa annunciò che l’ormai ex Presidente e sua moglie si sarebbero presto trasferiti in un appartamento al 19 East 72nd Street, scoppiò un nuovo piccolo scandalo. Molti membri del board dell’edificio, che evidentemente non avevano partecipato alla prima votazione, chiesero ed ottennero che l’ammissione di Nixon venisse nuovamente messa al vaglio dei condomini ma a quel punto, ben capendo come sarebbe andata a finire, l’ex Presidente ritirò la sua offerta e ne presentò una nuova per un appartamento di undici camere al 817 Fifth. Nemmeno qui, però, riuscì a superare l’ostilità del board e dovette ripiegare su una casa, che si dice odiasse con tutto se stesso forse proprio perché la riteneva il simbolo tangibile del proprio declino, al 142 East della sessantacinquesima strada. Anni dopo provò a liberarsene presentendo una proposta per l’acquisto di un pentavano al 760 di Park Avenue. Secondo voi come è andata a finire? Già, Nixon è rimasto nella sua grande e odiata dimora sulla sessantacinquesima.

 


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